Come i Corvi di Noè.
Adelmo lo trovarono una mattina di novembre, rannicchiato sotto un cavalcavia, in Germania. Morto di freddo, o forse no, disse la polizia disponendo accertamenti.
In tasca aveva una patente scaduta, Adelmo. E una lettera, dentro una busta chiusa.
Durante il suo viaggio al nord, lungo strade e città che non avrebbe mai più ripercorso e rivisto, Adelmo aveva scritto molte lettere. Lettere d’amore, lettere d’addio, lettere di gioia, lettere di malinconia, lettere di disprezzo, lettere di bugie.
Cinque, dieci, a volte scriveva anche venti lettere al giorno.
Una sera, mentre si trovava in albergo, in un paesino della Liguria, aprì la valigia e si mise a riordinarle. Le impilava e le teneva insieme usando piccoli elastici multicolori. Erano mazzi enormi, sembravano mattoni di carta. Centinaia e centinaia di lettere, già imbustate e pronte per essere spedite.
La stranezza, a parte il numero spropositato, consisteva nel fatto che sulle buste bianche e rettangolari non ci fossero scritti i nomi e gli indirizzi dei destinatari. Adelmo, infatti, non aveva amici o parenti. Proprio non avrebbe saputo a chi inviarle, tutte quelle lettere. Nemmeno un cugino alla lontana, nemmeno un vecchio conoscente. Non sapeva per chi le avesse scritte, tutte quelle lettere. Forse neanche perché. Non se l’era mai chiesto.
Quella sera, però, prima di prender sonno, mentre osservava il soffitto ricoperto di macchie umide e giallastre, Adelmo pensò che fosse giunto il momento di disfarsene. E gli venne un’idea.
Pensò che le avrebbe imbucate una per una, alla rinfusa, casa per casa, paese dopo paese, città dopo città, lungo il lento tragitto verso nord. Pensò che le avrebbe consegnate a uomini e donne e famiglie che nulla sapevano di lui, e nulla avrebbero mai saputo.
Gli sembrò una buona idea.
Così, il giorno dopo, guardò il mattino fuori dalla finestra, sistemò la valigia, bevve un caffè e lasciò l’albergo.
Percorse a piedi un isolato, quindi si fermò davanti a una casa con le tende chiuse e il portone in legno. Sospirò, sfilò una busta dalla valigia e la imbucò nella cassetta della posta.
Si guardò attorno, prima di riprendere il cammino. Era una bella giornata, nonostante il sole pallido.
Adelmo lo trovarono una mattina di novembre, rannicchiato sotto un cavalcavia, nei pressi di Hannover. Con sé aveva una valigia vuota.
Lo trovarono morto di freddo. O forse no, disse la polizia disponendo accertamenti.
In tasca un gomitolo di elastici colorati, una patente scaduta. E, dentro una busta chiusa, una lettera.
Questa.