Ci sono tappi e tappi.
Questa mattina, mentre rimuginavo sul sogno di un viaggio in terre silenziose e senza nuvole e facevo colazione e prendevo i biscotti tondi e farinosi e li mettevo in pila e riflettevo sul verbo esimere, non tanto sul significato quanto sulla terza persona singolare del passato remoto – egli/ella esimé o egli/ella esimette? – a un certo punto mi è venuto da pensare ai tappi delle bottiglie.
La tazza con il caffè e il latte era sul tavolo. La scatola dei biscotti era sul tavolo. I biscotti erano sul tavolo. La bottiglia d’acqua era sul tavolo. Il tappo della bottiglia, per altro privo di qualsiasi parvenza d’audacia, era sul tavolo.
C’era tutto un mondo, questa mattina, sul tavolo.
Poi, però, c’è da dire che ci sono tappi e tappi. E aggiungo pure che, qualora ci fosse bisogno di raccontare la storia di qualche tappo, non mi esimerei di certo dal raccontarla.