Come hai trascorso l’estate (3).
L’altra mattina ho avuto una percezione falsata della realtà. Credo sia nulla di serio. Mi trovavo in auto, faceva caldo, era mezzogiorno e aspettavo in doppia fila che si liberasse un parcheggio. Avevo urgenza di parcheggiare e la realtà mi era ostile. Falsata e ostile. Lo so, mi sono detto. Lo so che l’essere umano non è in contatto con le cose così come sono. Lo so che l’essere umano le interpreta in maniera distorta. Lo so che dipende dai bisogni e dagli obiettivi. Lo so che è un’interpretazione condizionata dalla cultura e dal vissuto. Lo so che anche secondo Schopenhauer la vita è un sogno, sebbene questo sognare sia innato e quindi sia la nostra unica realtà. Lo so, lo so. Quello che non so è perché non si libera mai un parcheggio.
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Prossimamente, le Grandi Inchieste.
“Una vita a fare su e giù”: indagine sulle difficili condizioni di lavoro delle tapparelle.
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Alla tv stavano trasmettendo “Un’altra giovinezza”, di Francis Ford Coppola. Lo guardo, mi sono detto. Così mi sono sdraiato sul divano e ho guardato il film.
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Il titolo originale è “Youth without Youth”, che non significa “Un’altra giovinezza”.
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Mi è piaciuto molto, il film. Forse non l’ho capito. Però è molto bello.
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Linea 6, ultima corsa notturna.
– Oh nenno, là ghe le pivelle bone devono essere in carne.
– Eh ma senza esagerare. Itta mi deppu fidanzai, con una macelleria?
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Mezzanotte, la luna è piena. Salgo in macchina, metto in moto e mi dirigo verso il mare. Accendo la radio e c’è Little Esther che canta “T’aint whatcha say, it’s whatcha do”. Tengo il tempo facendo schioccare le dita sul volante. Lascio che la voce di Little Esther guidi i miei pensieri. Nient’altro. Osservo la strada, le luci e il traffico. Ogni cosa adesso è al posto giusto.
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Che cosa ho pensato poco fa? Era un pensiero che adesso non ricordo più. Ho pensato una cosa e era una cosa importante. Forse era molto importante, forse no, poi qualcuno ha suonato il clacson e ha urlato “Fammi passare, coglione”, al che mi sono affacciato alla finestra e c’era un tizio che non la smetteva di suonare il clacson, ce l’aveva con un’auto ferma in doppia fila. Mi è venuta voglia di scendere e di dire a quel tizio di smetterla. Che sentire suonare il clacson mi fa innervosire. Mi fa dimenticare le cose che penso.
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Nel 2003 la gente in spiaggia ascoltava musica orrenda. Me lo ricordo bene. Non è una novità, in spiaggia la gente ascolta sempre musica orrenda. Mai nessuno che ascolti a tutto volume qualcosa di Doc Pomus. Mai sentito qualcuno che ascolti Warren Zevon.
La gente in spiaggia, nel 2003, ascoltava “Chihuahua” di DJ BoBo.
nella foto, pentagoni e esagoni