Genitori da spiaggia.
Lui, quaranta portati così così, è sdraiato sotto l’ombrellone, parla al telefono, blatera di presunti affari.
La moglie, trenta portati così così, un ammasso di carne marrone disteso a pancia in su come un cadavere, è alla quinta estrema unzione da cremabbronzante.
Il bambino, cinque portati così così, ha appena finito di scavare una gigantesca buca nella sabbia. Si avvicina al babbo. Gli tira un braccio.
– Papà, giochiamo?
Lui si stacca per un attimo dal telefonino.
– Un attimo, tesoro – dice, e riprende a parlare di presunti affari.
Cinque minuti dopo.
– Papà, giochiamo?
– Un attimo, tesoro.
Dieci minuti dopo.
– Papà, giochiamo?
– Un attimo, tesoro.
Quindici minuti dopo.
– Papà, giochiamo?
– Un attimo, tesoro.
Venti minuti dopo.
– Papà, ora che hai finito di parlare al telefono, giochiamo?
– Tesoro, perché non mi lasci riposare un pochettino e non vai a stressare la mamma, eh?