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“È inutile che insisti. Non Ti Amo Più”

“È inutile che insisti. Non Ti Amo Più”.

Non c’è niente che mi infastidisca più delle cose che accadono senza che ci siano motivi sufficientemente validi perché accadano proprio là dove mi trovo.
Ieri, mentre rientravo da Calasetta, erano le due o le tre del mattino, minuto più minuto meno, a un certo punto, sulla statale 130, all’altezza di Decimomannu, la carreggiata è stata invasa da una coltre di nubi biancastre che sembrava nebbia ma non era nebbia, era qualcosa di molto più inquietante, piccoli banchi di nuvolette sottili che non stavano all’altezza dell’asfalto ma sospese due o tre metri, sembrava una specie di tunnel, una galleria di roba bianchiccia e viscida, ho rallentato, non c’erano altre auto, né davanti né dietro, ho percorso un chilometro dentro quel cunicolo cadaverico e lattiginoso,  dentro quel budello d’albume anguillesco che sembrava non finire mai, e allora per un attimo ho pensato: “santo cielo, è finita, sono stato risucchiato dalle forze aliene, dalle scie chimiche, dalle potenti grinfie di un’entità sovrumana, mi porteranno su un altro pianeta, incontrerò Sara Tommasi, mi impianteranno un microchip, nemmeno farò in tempo ad ascoltare il prossimo disco di Bob Dylan, nemmeno farò in tempo a festeggiare il mio compleanno, ma che sfiga”.
Poi, invece, poco prima di Assemini, mi ha sorpassato un cretino gaggio che andava a zigzag, sono scomparse le strane nuvole di panna sporca, e tutto m’è sembrato di nuovo normale.
A Elmas il semaforo era rosso, mi sono fermato. Un istante dopo si è accostato un fuoristrada. Sulla fiancata c’era scritto: “È inutile che insisti. Non Ti Amo Più”.
Non ci giurerei, ma credo che al volante del fuoristrada non ci fosse nessuno. Proprio nessuno.

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