Carteggi (9).
Ciao, tra qualche giorno sarà ottobre. Hai presente? Ottobre. Proprio così, ottobre. Lo so, è un mese che ti dà sui nervi. Non l’hai mai potuto sopportare. Ottobre è una carezza che non ci meritiamo, mi hai detto una volta. Forse avevi ragione. Non ce la meritiamo, questa carezza. Ma c’è davvero qualcosa che ci meritiamo? Dico sul serio. Com’è che siamo arrivati fin qui? Mi guardo attorno e me lo chiedo senza fingere di non sapere che entrambi lo sappiamo. Mi vengono in mente pensieri di sconfitta. Hai presente? Sconfitta. Proprio così. Lo so, non ami sentir parlare di sconfitte. Forse però, quelle sì, ce le meritiamo. Ammettilo: stai sorridendo. Non è così? Sì, mi sembra di vederti sorridere. Non so che dirti. Che ci vuoi fare? Come dicono tutti, sarà l’età. A proposito, ti ricordi l’albero con le foglie gialle che tuo padre aveva piantato in cortile? Hai presente? Sul serio? Bene. L’altro giorno sono arrivati gli operai e l’hanno abbattuto. Non è stato per niente facile. Erano in tre o quattro, armeggiavano con delle grandi motoseghe. Perché lo buttate giù?, ho chiesto. Mi hanno guardato strano. Non mi hanno risposto. Allora ho alzato il tono di voce. C’è qualcuno che può spiegarmi che cosa diavolo sta succedendo? Niente. Non mi hanno risposto. Mi devono aver scambiato per un matto. Ma ti pare? Un matto. Gesù. Se fossi matto per davvero, altro che storie. Se fossi matto per davvero, ti scriverei parole alla rinfusa. Hai presente? Alla rinfusa. Proprio così. Le parole sono come gomitoli, mi hai detto una volta. Forse avevi ragione. O forse no. A dire il vero, non ho mai capito il significato di quella frase. Sono stato uno stronzo a non dirtelo subito. Scusa, ma non ti capisco. Abbi pazienza, parole e gomitoli, in una stessa frase, sono incompatibili. Avrei dovuto difendermi, anziché far finta di nulla. Mi sarei dovuto incazzare. E invece sono rimasto lì a guardarti, sotto il sole di luglio, a fare sì con la testa, mentre dentro pensavo, Scusa, ma non ti capisco, sono le tue parole a essere incompatibili. Hai presente? Il solo pensiero adesso mi fa sragionare. Meglio che mi dia una calmata. Meglio che vada. Forse a novembre sarò da te. Arriverò al mattino e porterò con me una valigia azzurra, un mazzo di fiori freschi e una lampada di bambù. Non fare come tuo solito. L’ultima volta mi hai lasciato tre ore sotto la pioggia. La definirei un’esperienza scomoda. Il vicino della porta accanto è un uomo antipatico, e odora di dopobarba scaduto.
Ciao, buon compleanno.