Qualche foto del cielo.
Questa mattina mi è successa una cosa stranissima mentre armeggiavo con dei cavetti di connessione che mi sembrava non servissero a niente, non andavano da nessuna parte, né riuscivo a immaginare a quale scopo potessero essere serviti in passato, l’unica cosa certa è che se ne stavano lì, appesi tra un mensola e l’altra della libreria, e nemmeno avevo idea del perché se ne stessero aggrovigliati di lato al muro. Fatto sta che, a un certo punto, uno dei cavetti è venuto giù, devo averlo tirato per sbaglio o non so che cosa, e la punta del cavetto, una punta un po’ arrotondata e un po’ no, ha fatto una specie di giravolta, ha rimbalzato su una mensola e infine ha sbattuto sul tasto di accensione della stampante. La stampante si è accesa, ha inghiottito un foglio bianco e dieci secondi dopo lo ha risputato stampato. Sul foglio c’erano stampate queste parole
Lui butta fuori un lungo sospiro, tamburella un po’ con i polpastrelli sul grande piano di mogano della scrivania, poi si mette a giocherellare nervosamente con un tagliacarte. Guarda Rebecca. Lei è seduta su una poltrona, le gambe incrociate, le ginocchia spuntano dalla gonna stretta e nera. Stringe tra le mani un bicchiere vuoto. È lì già da venti minuti e avrebbe voglia di fumare, ma sa che non è il momento adatto. Allora lui si alza, infila le mani nelle tasche dei pantaloni e si avvicina a passi lenti alla finestra. Si volta, osserva il profilo della donna. Gli ricorda quello di una ragazza che ha amato in gioventù.
– Si ritiene una donna fortunata? – dice.
Non è questa la domanda che intendeva rivolgerle. Anzi, è sorpreso di come le parole gli siano uscite senza che lo volesse. Lei lo scruta un po’ perplessa. Lui arrossisce, si stropiccia l’interno dei pantaloni.
– Tutto ciò che desideravo nella vita si è avverato – risponde Rebecca.
– E non è felice?
– No.
– Perché?
– Forse avrei dovuto desiderare cose migliori.
Lui fissa il proprio viso sui vetri della finestra. Gli sembra quello di un vecchio senza troppe pretese.