Quaderni del coprifuoco (8).
L’altra mattina abbiamo preso l’auto e siamo andati fuori città, a casa di un amico di Arturo. È un tipo sulla sessantina, si chiama Pino. Fa il giardiniere ed è fidanzato con un ragazzo che ha conosciuto in Cile.
Se occorre, lui, il giardiniere, sa sempre come farci avere della frutta e della verdura a buon prezzo. Infatti siamo andati lì per fare la spesa: zucchine, peperoni, mandarini, fagiolini, pere.
– È roba sana, biologica, non quelle porcherie che compri tu al supermercato – mi dice ogni volta Arturo.
Pino era solo in casa, il cileno aveva da fare con delle persone che ogni anno organizzano degli incontri buddisti, così ci ha detto.
Abbiamo chiacchierato un po’ del più e del meno. Ci ha raccontato delle cose che riguardavano il suo lavoro. Ci ha detto, per esempio, che ha trovato un nuovo sistema per combattere la metcalfa, un piccolo insetto che attacca la maggior parte delle piante ornamentali coltivate.
Nel frattempo si è messo a rollare sigarette con un tabacco profumato alla cannella. Fumava, parlava e rollava. Parlava, rollava e fumava. Abbiamo fumato anche noi.
Lui ci ha chiesto come stessero andando le cose. Siamo rimasti un po’ sul vago. Arturo gli ha detto che le cose vanno sempre per un verso che nessuno riesce a capire. E quando qualcuno ci capisce qualcosa, quel qualcuno fa di tutto per non far capire niente agli altri.
Pino ha sorriso strizzando gli occhi. E si è messo a rollare un’altra sigaretta. Poi è andato in cucina, ha aperto una specie di armadio e ha tirato giù un paio di casse di frutta e verdura.
A un certo punto ci ha raccontato che un suo parente, un cugino di secondo grado che abita a Berlino, e con il quale è in ottimi rapporti, gli aveva scritto per fargli sapere che sarebbe andato in Nuova Zelanda, ci sarebbe rimasto fino alla prossima estate. Questo cugino abita da solo in una casa enorme, una villa su due piani, e gli ha scritto che gliela avrebbe lasciata fino al suo rientro.
Allora Pino ci ha detto che non sarebbe stata una cattiva idea cominciare a progettare una vacanza a Berlino, un viaggio noi quattro assieme, lui, il cileno, Arturo e io.
– Certo, non subito. Quando le cose miglioreranno – ha aggiunto.
Arturo ha fatto sì con la testa.
– Quando le cose miglioreranno – ho ripetuto io.
Siamo rimasti a fantasticare un altro po’ su questo viaggio a Berlino. Poi s’è fatto tardi e abbiamo iniziato a caricare nel cofano le casse di frutta e verdura.
Abbiamo pagato, ci siamo detti ciao e a presto, e siamo andati via.
Pino è rimasto sulla porta, a guardarci mentre salivamo in auto. Arturo ha messo in moto, ha ingranato la prima e ha dato una bella accelerata. Ho allungato un braccio dal finestrino e ho agitato le dita in segno di saluto.
Mentre ci immettevamo sulla strada asfaltata ho dato un’occhiata allo specchietto retrovisore. Pino era sempre lì, sulla porta, con una sigaretta che gli penzolava dalle labbra.
Mi è sembrato che stesse sorridendo. Mi è sembrata una persona quasi felice. Quasi.