Auguri.
Una notte di maggio ho sognato che suonavo con i Rolling Stones, a Cagliari. Non è che stessimo suonando, stavamo cazzeggiando in sala prove, tutto qui. Poi siamo andati a Monte Urpinu e da viale Europa abbiamo visto il panorama di Cagliari, il golfo, i fenicotteri in volo sullo stagno, l’orizzonte e il mare blu. Quindi siamo andati verso Quartu e a un certo punto siamo capitati davanti a una casa che non sembrava nemmeno abitata. Abbiamo bussato e ci ha aperto Bob Dylan. Era avvolto in un tappeto persiano e indossava un turbante molto colorato. Poi nel sogno sono successe altre cose, di questo ne sono sicuro, ma non me le ricordo. Mi ha fatto piacere, vedere Bob Dylan, anche se era soltanto un sogno. Per me Bob Dylan è come uno di famiglia, uno di quei parenti un po’ bizzarri che se ne stanno seduti in poltrona e ogni tanto si mettono a raccontare delle storie astruse ma bellissime. La prima volta che ho sentito Bob Dylan avevo tredici anni. Alla radio suonavano “Hurricane” e mi sono innamorato di quella voce. Poi ho imparato a conoscerlo meglio, e mi sono innamorato anche della sua musica e delle parole delle sue canzoni. Non c’è nulla che non mi piaccia, di Bob Dylan, per me è sempre stato un uomo esemplare. Penso che tutti dovrebbero avere un parente come Bob Dylan. E se non ce l’hanno è un bel guaio, secondo me. Il 24 maggio ha compiuto settantacinque anni, e io gli auguro un gran bene, che stia in salute, sia felice e tutto il resto. Gli auguro di continuare a fare ciò che gli piace fare, che secondo me è uno degli auguri migliori che si possano augurare e ricevere. E gli auguro anche che gli altri la smettano una volta per tutte di chiamarlo Mr Tambourine o il Menestrello di Duluth o il Cantastorie del Pop o il Profeta del Folk o il Simbolo della Protesta o il Poeta della Pace o l’Icona del Rock o la Voce di una Generazione. E visto che ci sono gli faccio anche gli auguri per il Premio Nobel della Letteratura, che secondo me quando l’ha saputo, che gli hanno dato il Nobel, un po’ si è commosso.