Campionario di crudeltà.
Ieri, mentre aspettavo l’autobus e sull’altro lato del marciapiede c’era un cane abbaiante che trascinava guinzaglio e padrone, mi è venuto in mente che in tutta la mia vita non ho mai avuto un amico immaginario, uno di quelli che ti stanno sempre dietro e ti seguono dovunque vada e di tanto in tanto si mettono a ragionare con te sulle cose della vita. Una volta, però, avrò avuto otto anni e mezzo, sono andato al funerale di Eugenio, che era l’amico immaginario di Orazio, un mio compagno di classe. Non sapevo quanti anni aveva, quanto era alto, se portava gli occhiali, se aveva i capelli corti o lunghi, Eugenio. Non sapevo neanche com’era morto. Orazio non me l’aveva voluto dire, ma secondo me neppure lui lo sapeva con precisione. Mi ricordo di aver pianto, al funerale. Anche se il morto non lo conoscevo e nemmeno sapevo che faccia aveva, la cosa mi aveva colpito, in un certo qual modo mi aveva commosso. Il funerale era stato proprio un bel funerale, c’era un mucchio di gente immaginaria e fuori pioveva una pioggia fresca e sottile, oltre che immaginaria. Il mio amico non riusciva a darsi pace, scuoteva la testa e piangeva. Per giorni interi avevo dovuto consolarlo e stargli accanto perché di tanto in tanto si rannicchiava su se stesso e se ne stava in un angolo con un accenno di broncio sul viso. Poi, un pomeriggio, mentre guardavamo alla tv una puntata di Ufo, di punto in bianco Orazio ha smesso di disperarsi e di rattristarsi. Mi ha guardato serissimo e mi ha detto che secondo lui Eugenio non era morto, in realtà se n’era andato con gli extraterrestri, scesi sulla Terra per tentare di rapire il comandante Straker e il colonnello Foster. Al che gli ho chiesto se anche Eugenio era un extraterrestre. Ma Orazio non lo sapeva. Secondo lui gli extraterrestri non erano poi così malvagi, di sicuro mai quanto maestro Aresu della sezione F che un giorno ci aveva inseguito nell’andito e ci aveva sequestrato due mazzi di figurine e un sacchetto di biglie colorate. A me, invece, facevano più paura gli extraterrestri perché me li immaginavo alti e magri e con lunghi denti aguzzi fatti apposta per succhiarmi il sangue. Nessun essere umano, nemmeno maestro Aresu, era così cattivo da mettersi a succhiare il sangue dei bambini. Orazio però mi ha detto che secondo lui non dovevo sottovalutare la crudeltà di maestro Aresu e in generale degli esseri umani. Dopodiché siamo rimasti un po’ in silenzio e abbiamo ripreso a guardare la puntata di Ufo. Che io ricordi, non abbiamo più parlato di queste cose, né a scuola né altrove. Orazio, poi, l’ho perso di vista alle medie, non l’ho più incontrato. A ripensarci, aveva ragione lui, e non solo su maestro Aresu.