Cappa di silenzio.
Ieri mattina.
Cagliari, autobus, linea M.
Alla fermata salgono a bordo in cinque o sei.
Donna sulla quarantina (lievemente alterata, rivolta all’autista): – Eh, aspettando un’ora!
Autista (pacato): – Non è colpa nostra.
Uomo sulla trentina: – Non se ne può più!
Autista (un po’ meno pacato): – La città è paralizzata, signora. Non è colpa nostra.
Uomo sulla sessantina (quasi sottovoce): – C’è gente manifestando oggi.
Donna sulla quarantina (sempre più alterata, rivolta agli altri passeggeri): – E certo! È ora di dire basta! Quando poi scoppia la guerra civile… voglio vedere!
Donna sulla trentina: – Chiedendo pure il grinpa’… Dittatura è, c’è poco da dire!
Uomo sulla trentina: – No macché! Dittatura proprio… No d’anti ancora cumprèndiu!
Donna sulla sessantina (si abbassa la mascherina): – Le bombe! Le bombeee ci vogliono!
Ci sono cinque, sei secondi di tregua.
Poi dal retro dell’autobus la voce di un uomo sulla cinquantina rompe la cappa di silenzio: – Oh s’autista, immòi che non c’è traffico accelera un po’ che mi seu caghendi.