Cose che ho pensato (quindici).
86.
Una volta ho pensato di essere donna.
87.
Una volta ho pensato di essere un oggetto smarrito. Giacevo su uno scaffale a più ripiani in un ufficio della stazione ferroviaria. A fianco a me c’erano un orologio e un portafoglio vuoto. Poco distante c’era un ombrello con il manico e il puntale in avorio, un ombrello molto signorile. Tutto intorno mazzi di chiavi. C’era silenzio, di giorno, in quella stanza. Nessuno veniva a reclamarmi.
88.
Una volta ho pensato che se fossi donna Arturo probabilmente non batterebbe ciglio.
89.
Una volta ho pensato di digitare a occhi chiusi sulla tastiera del portatile. Arturo mi ha detto “Potrebbe essere una buona idea, è difficile che riesca a scrivere cose peggiori di quelle che scrivi a occhi aperti”.
90.
Una volta ho pensato di essere uno sciatore norvegese. Indossavo degli sci lunghi due metri e mi sentivo molto norvegese. Avevo anche la faccia norvegese. Anche il naso e le orecchie, molto norvegesi. Quando l’ha saputo, Arturo ha detto che io non sapevo nemmeno con chi confina, la Norvegia.
nella foto, natura