Cose che ho pensato (tre).
21.
Una volta ho pensato di fare il turista. Era maggio, faceva caldo, così ero uscito da casa vestito da turista: bermuda di cotone, camicia sgargiante, occhiali a specchio, scarpe comode e cappello di paglia, color crema. Il vicino affacciato alla finestra aveva scosso la testa “Ma come si è conciato?”, mi aveva detto. “Faccio il turista”, gli avevo detto. Ero andato all’edicola e avevo comprato una mappa turistica della città. Ero salito sul pullman e avevo chiesto informazioni turistiche all’autista. Quindi ero sceso alla stazione e avevo chiesto informazioni turistiche a un capostazione. Dopodiché mi ero fermato in un bar e avevo chiesto informazioni turistiche al barista. “Chissà la faccia di Arturo, quando scoprirà che faccio il turista”, avevo pensato. Così ero andato a trovare Arturo, che all’epoca abitava in periferia e aveva un cane che si chiamava Marcel Proust. Arturo mi aveva accolto in mutande, forse si era appena svegliato. Poi era andato in cucina e aveva tolto dal frigo due bottiglie di birra. Ci eravamo seduti sul divano. Mi sentivo a posto. Ero seduto sul divano di Arturo e bevevo birra. Ormai ragionavo proprio come un turista. Anche Arturo aveva l’aria di chi si sentiva a posto. A un certo punto gli avevo detto “Sai, faccio il turista”. Lui mi aveva guardato e non aveva detto niente. Anche Marcel Proust mi aveva guardato in silenzio.
22.
Una volta ho pensato di morire. Anzi, più di una volta.
23.
Una volta ho pensato di vivere in un sogno. Anzi, più di una volta.
24.
Una volta ho pensato di essere un bicchiere di vetro, un bicchiere da cucina, uno di quei bicchieri senza troppe pretese, quasi un bicchiere da osteria.
25.
Una volta ho pensato di essere un piccione. Poi Arturo mi ha detto “Ma che cazzo stai facendo?”. E subito ho smesso di tubare.
nella foto, B.K.