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Cose che ho pensato (trentadue)

Cose che ho pensato (trentadue).

181.
Una volta ho pensato di prendermi a schiaffi. Non è stato facile.

182.
Una volta ho pensato che non avevo voglia di fare niente. L’unica cosa che avevo voglia di fare era guardare dalla finestra. Poi però, dopo due ore che guardavo dalla finestra, mi sono stancato. Allora mi è venuta voglia di fare due passi. Siamo andati un po’ in giro, io e Marcel Proust, il cane di Arturo. A un certo punto abbiamo incrociato una donna vestita in modo elegante. Indossava un cappotto con il collo di pelliccia e camminava sculettando. Le ho sorriso ma lei ha fatto finta di nulla. Mi sono chiesto quale fosse il motivo di tanto odio, di tanto accanimento.

183.
Una volta ho pensato di essere una candela. Non mi accendeva mai nessuno. Mi sarei preso a schiaffi. Ma già sapevo che non sarebbe stato facile.

184.
Una volta ho pensato che mi sarebbe piaciuto essere Omero. Non il poeta, l’altro Omero, il pizzaiolo. Che non è cieco ma non è che ci veda proprio benissimo. L’altra sera, nella pizza, ci ha messo il basilico, al posto dell’origano. Se c’è una cosa che Arturo non sopporta, quella è il basilico. Alla fine la pizza è rimasta quasi tutta lì, sul piatto, tranne il bordo. Arturo lo ha tagliato con le forbici, sembrava il cerchione di una bicicletta. Ripensandoci, non sono affatto sicuro che mi sarebbe piaciuto, essere Omero.

185.
Una volta ho pensato di comprarmi un drone. Che intenzioni hai, mi ha chiesto Arturo. Nessuna, gli ho detto, che intenzioni dovrei avere. Lui ha mugugnato qualcosa, ha scosso la testa. Mi è sembrato infastidito dall’idea che mi potessi comprare un drone. Anche Marcel Proust, l’ho visto un po’ imbronciato. Ma che cazzo, ho pensato, andatevene a cagare. Li avrei presi a schiaffi.

uovouovo

nella foto, schiaffi

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