Devo ricordarmi (2).
Una delle cose di cui devo ricordarmi è raccontare la storia di Fidelkennedy, nome d’arte di un filosofo utopista di Sant’Andrea che fino a qualche anno fa viveva in una casa abusiva nelle campagne di San Priamo, insieme alle sue due mogli e ai suoi sette figli.
Fidelkennedy era un seguace del pensiero di Louis-Sébastien Mercier, che nel 1770 ha pubblicato un romanzo intitolato “L’anno 2440” nel quale immagina che a partire da un presente imperfetto si possa arrivare a un futuro perfetto. Anche Fidelkennedy sosteneva che l’umanità stesse per riemergere dalla confusione di una modernità incompiuta per proiettarsi verso un mondo di pace, amore, uguaglianza, felicità e prosperità.
“Fidelkennedy mi ha guarito”, dicevano i suoi seguaci. Li riceveva in una stamberga che, per due giorni alla settimana, affittava ai Frantumi Emotivi, una band a metà strada tra i Led Zeppelin e i Buena Vista Social Club. “Sedetevi alla batteria e pestate su piatti e tamburi finché non vi dico di smettere”, così esordiva Fidelkennedy ogniqualvolta un manipolo di nuovi seguaci si presentava al suo cospetto. Loro obbedivano senza battere ciglio. Talvolta li lasciava pestare ininterrottamente per ore. Spesso per una giornata intera. Poi li cacciava via augurando loro una vita di autocommiserazione.
“Non conosco Parigi”, diceva, “ma un po’ di contrabbando non ha mai fatto male a nessuno”. Di norma lo diceva portando un boccale di birra alle labbra. Beveva un sorso. Poi scuoteva il boccale. E un attimo dopo il boccale si trasformava in un pollo. Perché Fidelkennedy era capace di bere un pollo.