End Of The World.
Mentre penso che vorrei mettermi a scrivere qualcosa a mo’ di commento sulla giornata trascorsa ieri a Carbonia – dove si è svolta l’ultima giornata del Festival della Storia organizzato dai Figli D’Arte Medas (il tema era “La Fine Del Mondo”) e dove sono stato ospite insieme a Daniele Barbieri e Gianluca Medas per discutere di Apocalisse e di Apocalissi, davanti a un pubblico, tra l’altro molto attento e curioso, formato da un centinaio di ragazzi delle scuole superiori – a un certo punto, non so come, mi imbatto in questa notizia pubblicata sull’Unione Sarda: “Si gioca la pensione alle slot, perde e minaccia il suicidio. A Cagliari, una pensionata ritira il sussidio e va subito a tentare la fortuna. Non vince e minaccia di suicidarsi: salvata dalla polizia”.
Ecco, leggo questa notizia e di colpo mi passa la voglia di raccontare quanto ci siamo detti ieri sulla profezia dei Maya, sull’Apocalisse di Giovanni, sui millenarismi, sul calendario degli Aztechi, sull’inversione del campo magnetico terrestre, su Dio, sui Profeti, sul Regno di Salvezza e sulla redenzione dell’umanità.
Redenzione dell’umanità un cazzo.
Provo a immaginare il volto di questa donna di sessantadue anni che ha appena ritirato i soldi al Comune, 350 euro, così si dice. Mi sembra quasi di vederla, mentre cammina a passo lento e si guarda attorno, il gruzzolo in tasca, il brivido dell’azzardo che fa capolino tra i suoi pensieri. Ma sì, o la va o la spacca. Ma sì, vai con l’all-in. Ma sì. Ma chi se ne frega.
Mi sembra di vederla, mentre monta su un autobus, scende dopo una decina di fermate, s’infila in un bar, si siede davanti al videopoker e inizia a giocarsi il sogno di una nuova vita. Un po’ alla volta, una puntata dietro l’altra, fino all’ultima manciata di euro, fino a bruciare gli ultimi centesimi di quel cazzo di sussidio.
Mi sembra di vederla, quella donna. E mi viene da pensare che la fine del mondo potrebbe essere qui, adesso.
La fine del mondo, per quanto ne so, potrebbe essere due pianerottoli sopra il mio appartamento. O al quarto piano della palazzina di fronte. O dietro casa vostra, dentro la stanza di un pensionato drogato di gratta e vinci.
Ecco dov’è l’Apocalisse.
La fine del mondo, per quanto ne so, potrebbe essere nella testa di tutti gli anziani che incontro al bar, o nelle tabaccherie, o nei centri commerciali, la monetina stretta tra le dita, pronti a grattare la cartolina del milionario, del miliardario, del batti il banco, dell’ammazza-il-pezzente, dello stipendio per sempre, del goditi la vacanza, del mare di fortuna, del tesoro del faraone, del diventa un fottuto paperone, dell’appena-avrai-le-tasche-piene-di-quattrini-potrai-mandare-tutti-a-fare-in-culo.
Ma non è colpa loro. Non è colpa degli anziani. Il gioco d’azzardo è una malattia. E i malati andrebbero curati.
La colpa, magari, è dello Stato. Uno Stato che alimenta il diffondersi di malattie come il gioco d’azzardo è uno Stato malato a sua volta. Ma questo già lo sappiamo.
Lo sa bene, tanto per fare un esempio, il colonnello della Guardia di Finanza Umberto Rapetto, per anni considerato un punto di riferimento, in Italia e non solo, per ciò che riguarda le truffe on line e le inchieste telematiche. Non tutti sanno che le sue indagini hanno consentito di infliggere una multa da 98 miliardi (novantotto miliardi di euro) a dieci società concessionarie del gioco d’azzardo di Stato, colpevoli di non aver collegato le slot machine alla rete telematica dei Monopoli. 98 miliardi (novantotto miliardi di euro) che lo Stato avrebbe potuto serenamente incassare, se non fosse intervenuta la Corte dei Conti riducendo la multa a 2 miliardi e mezzo (provate voi a chiedere al fisco uno sconto di queste dimensioni).
Il colonnello Rapetto sa bene di che cosa può essere capace uno Stato malato, perché lo stesso Stato per il quale ha lavorato, consentendo di scoprire una truffa da 98 miliardi (novantotto miliardi di euro) anziché premiarlo qualche mese fa gli ha dato il benservito, lo ha costretto alle dimissioni. A costargli il posto, manco a dirlo, è stata proprio l’inchiesta sulle slot machine.
Roba dell’altro mondo.
Roba che se la provassi a raccontare a un alieno, queste storie, non saprei neppure da che parte cominciare. Che poi, pare che nemmeno gli alieni ci vogliano incontrare, a noi della Terra.
Lo ha detto ieri a Londra un famoso astronomo britannico. Lui sostiene che entro cinquant’anni gli studiosi troveranno altre forme di vita nel sistema solare. Ma aggiunge: “le visite da parte degli alieni potrebbero comunque non verificarsi tanto presto, dato che la Terra potrebbe essere troppo noiosa per quelle creature”.
Be’, non sono d’accordo, non è così, non siamo affatto noiosi. Ne abbiamo di cose da raccontare e da insegnare, agli alieni, noi terrestri.
One Comment
Eder
21 Ottobre 2012 at 21:58Hai reso benissimo l’idea, sono pienamente d’accordo sulla questione delle fini del mondo personali, sono piccoli episodi per la collettività, grandi tragedie per chi le vive,come te non riesco a dare colpe alla signora che sicuramente sperava di dare un senso diverso a questo mese che avrebbe dovuto trascorrere con così pochi soldi…purtroppo un sistema malato narcotizza la ragione e, come diceva Goya, Il sonno della ragione genera mostri…