Giorno 15.
In effetti il giorno 15 era ieri. E ieri mi è venuto in mente Tonino. Tonino aveva una sola fissa: i viaggi. Ma non i viaggi transoceanici, le vacanze in località esotiche o le avventure da grandi esploratori. No, lui amava i tragitti brevi. Meglio se in autobus, in città o nei dintorni. I mezzi pubblici erano la sua passione. Tonino aveva questo di buono: gli piaceva stare con gli amici. Ogni tanto ci incontravamo in Piazza Matteotti, montavamo sull’autobus e giravamo senza meta da un capo all’altro di Cagliari. Oppure prendevamo la corriera e ci spingevamo verso l’interno, lungo la Carlo Felice. Una volta mi aveva raccontato della sua ossessione per i viaggi. Forse è qualcosa che ha a che fare con la mia infanzia, mi aveva detto una mattina sgranando gli occhi e aprendosi in un sorriso infantile.
Mi ricordo di un viaggio coi miei nonni, aveva detto. Avevo sette anni. Loro ogni estate si imbarcavano da Porto Torres per il continente. Poi si infilavano in autostrada e andavano in Austria, Svizzera, Belgio o Germania. Una volta avevano portato pure me. Da Genova avevamo raggiunto Milano, e da lì Bruxelles e poi l’Olanda, e infine la Svezia. Una sera, in albergo, mia nonna era entrata in camera e mi aveva detto: Tonino, domani si parte per la Finlandia. Il giorno dopo ci eravamo alzati che il sole non era ancora sorto. L’aria era frizzante, quasi polverosa. Avevamo preso un treno e io avevo dormito per tre ore di fila.
Così mi aveva raccontato Tonino. Avrei voluto conoscere il resto della storia, ma lui a un certo punto si era messo a guardare il cielo e non aveva più aperto bocca. Aveva lasciato in sospeso il racconto, piantando un checkpoint immaginario tra i suoi ricordi e il presente. Poi eravamo saliti sul C rosso ed eravamo andati a Quartu, a giocare a biliardo in una sala dove c’era un tizio che tutti chiamavano Ogu Trottu perchè aveva un occhio che mandava affanculo l’altro. A biliardo però non lo batteva nessuno.