La riduzione della luce.
Suona il citofono. Dlin dlon.
– Chi è?
– Buongiorno – risponde una voce maschile – mi può aprire, per piacere?
– Chi è?
– Siamo per la riduzione della luce.
–
– Signore? Mi apre?
– Mi scusi, non ho capito. Siete per che cosa?
– Siamo per la riduzione della luce.
– Allora avevo capito bene.
– Mi può aprire, per piacere?
– No.
Un’ora dopo.
Dlin dlon.
– Chi è?
–
– Chi è?
–
– Se è di nuovo lei, quello per la riduzione della luce, salga pure. La sto aspettando.
La riduzione della luce.
Santo cielo.
È salito, gli ho aperto la porta, gli ho detto che non volevo ridurre un bel niente di niente, lui ha insistito, giovinastro armato di bloc-notes e penna, e premeva con il pollice, tic-tac-tic-tac-tic-tac-tic-ta
Impiastro di giovinastro vestito come fabiofazio, giacca nera, camicia bianca, cravattino nero, che a un certo punto mi ha guardato e mi ha detto.
– Quindi devo scrivere che rifiuta?
– Sì – gli ho detto – scrivi che rifiuto, grazie.
Ho chiuso la porta e lui se n’è andato. O viceversa, non ricordo bene.
Ma poi.
Dimmi chi cazzo sei? Chi sei, eh? Sei Dio? No, dico: sei Dio? Perché se c’è qualcuno che può ridurre la luce in questo cesso di mondo, quello è Dio.
O un’eclissi.
O una tapparella.
Ecco. Quello lì non era né una tapparella né un’eclissi.
Se poi, invece, come dice il mio amico Gianfilippo, quello lì era Dio e non gli ho creduto. Beh, non me ne frega niente.
Ché secondo me Dio non se ne va in giro a bussare alle porte con una penna tic-tac-tic-tac-tic-tac-tic-ta