La teoria dell’oboe e del fagotto.
Non c’è modo di uscirne, ti dicono. Non c’è via, non c’è sbocco.
Non c’è niente da fare, ti dicono. Inutile, guarda, proprio inutile.
Non c’è speranza, sii realista, ti dicono. Realista, poi, il tanto che basta.
Non vedi come vanno le cose, non vedi come vanno, ti dicono. Inutile, guarda, più inutile di così.
Non capisci che tanto, uno sta a dire, a fare, non capisci, che tanto, eh, ti dicono. Stai a dire, a fare, eh.
Non avrai mica pensato che, ma dài, ma dài, ti dicono. Pensare, poi, il tanto che basta.
Non mi dire che ci avevi creduto, non mi dire che ci avevi creduto davvero, ti dicono. Ma allora sei proprio ingenuo, eh.
Non le cambi le cose, non le cambi, stanno così, mi dicono. Le cose stanno così da sempre, è inutile.
Non c’è verso, guarda, prova a cercarlo, ma tanto non c’è verso, ti dicono. Che se ci fosse, un verso, eh, da quando.
Da quando.
Già. Da quando?
Beh, ne è passato del tempo.
L’Equipe 84 aveva appena inciso quella canzone lì, quella con l’oboe e il fagotto che duettano cinguettanti.
Era ancora estate e, a pensarci bene, nessuno aveva poi così tanta fretta.