Noiose buffonate.
Questa mattina, mentre rovistavo nel cassetto del comodino e dalla finestra filtravano ampi raggi di sole che illuminavano nuvolette di polvere sottili e sfavillanti, aprendo un barattolo di latta dove in genere custodisco frammenti di plettri rotti, orrendi pupazzetti di plastica dura e piccole viti a spacco di quelle che si usano per fissare le stanghette degli occhiali, da vista o da sole non fa differenza, ho trovato un foglio di carta, giallognolo, a righe, spiegazzato ai bordi, su cui, chissà quanti anni fa, avevo scritto un appunto a matita.
“Basta con la letteratura che si atteggia. Quelli che sanno costruire una storia, una storia vera, lavorano per il cinema, per le telenovele, non si dedicano più alla letteratura. Sì, è giusto che la gente sappia: questa faccenda della letteratura è una grande e noiosa buffonata. Il cosiddetto universo letterario è una baggianata. Credetemi, è un mondo inutile. È letterario al due per cento e universo al novantotto”.
Credo – ma non ne sarei così sicuro – che si tratti di un brano tratto da un’intervista rilasciata non molto tempo fa a un giornale italiano da uno scrittore spagnolo molto famoso. Anzi, famosissimo. Catalano, però, più che spagnolo.
E niente.
Poi il foglio di carta l’ho rinfilato nel barattolo di latta. E il barattolo di latta nel cassetto. Che alla fine non mi ricordavo più per quale motivo l’avessi aperto, perché mi fossi preso la briga di rovistarci dentro.