Presunzione.
L’esplosione dell’anima: ecco un’espressione quanto mai veritiera. L’ho letta nell’introduzione di un video pubblicato su Youtube. Nel video c’è Bob Dylan che canta e suona “Disease of conceit“, un brano tratto dall’album “Oh mercy“, un brano che Dylan canta e suona molto raramente nei suoi concerti (appena 32 volte negli ultimi 30 anni). Il video è stato registrato a Londra, durante il tour del 1990, nell’ultima delle sei serate di fila previste sul palco dell’Hammersmith Odeon. “Ci sono tante persone che soffrono stanotte / per il morbo della presunzione”, canta Dylan. “Tante persone vedono doppio stanotte / per il morbo della presunzione / ti dà delusioni di grandezza / e un occhio cattivo”. Ed è esattamente da quando pronuncia questi ultimi due versi che, quella notte, Dylan e la sua anima iniziano a esplodere. Picchia in modo forsennato sui tasti del pianoforte; sta in piedi, poi seduto, poi di nuovo in piedi; sembra come posseduto, mentre le dita continuano a martellare i tasti e la chitarra di G.E. Smith ricama un assolo altrettanto infuocato. “Disease of conceit”, come sostiene Renato Giovannoli in “La Bibbia di Bob Dylan – Volume III” (Àncora editrice, 2017) è una canzone di argomento morale. Una delle tante del repertorio dylaniano. La presunzione ti fa guardare gli altri con malevolenza: ecco ciò che canta Dylan. E ancora, c’è il richiamo a tre versetti dei Proverbi, dove si parla dello stolto che si crede «saggio nella propria presunzione», e il richiamo alla Lettera di Paolo ai Romani (12, 16) che raccomanda: «Non siate saggi nella vostra presunzione». Come e perché tutto questo si sia trasformato in una rabbia incontenibile, in una specie di “esplosione dell’anima”, quella notte sul palco dell’Hammersmith Odeon, solo Dylan lo sa. Però, un’idea sul come e sul perché la presunzione oggi sia ovunque, forse ce l’ho.