Quaderni del coprifuoco (7).
C’è stato un periodo che prendevo appunti su dei fogli sparsi, vi annotavo la lista della spesa, il numero degli oggetti che tenevo sulla scrivania, il totale delle monete che avevo in tasca, gli appuntamenti settimanali, qualche frase estrapolata dagli articoli sui giornali, le credenziali di accesso alla posta elettronica o semplicemente l’elenco delle infelicità.
Talvolta, su quei fogli, vi disegnavo dei rettangoli. Piccoli, grandi, medi, lunghi, corti, storti, dritti. Rettangoli e basta. Poi li indicavo con una freccia. E accanto alla freccia scrivevo VUOTO. Erano rettangoli vuoti, in effetti. Non aveva senso riempirli, colorarli, infarcirli di puntini o altri rettangoli. Mi sembrava un bel vuoto, il vuoto di quei rettangoli.
Era il periodo che Arturo aveva deciso di iscriversi al Circolo della Canasta. Un giorno si era presentato in cucina in abito da sera, i mocassini neri e un sigaro appeso alle labbra.
– Vado al Circolo – aveva detto. Ed era uscito portandosi appresso un fastidioso profumo di dopobarba.
Era ricomparso quattro giorni dopo, in compagnia di una donna di settantadue anni e di una piccola coppa d’argento spacciata per trofeo, una specie di cilindro decorato con immagini di carte da gioco. La donna, avvolta in un vestito amaranto ricoperto di paillettes dorate, si chiamava Armistizia. Come amaramente intuibile, era nata l’8 settembre del ’43. Emanava un fascino discreto, riconducibile con molta probabilità al fatto che avesse un occhio di vetro e l’alito le puzzasse di liquore all’arancia. Sosteneva di essere una poetessa. Dilettante, tuttavia, aveva precisato sistemandosi la parrucca biondo platino.
Qualche giorno dopo, su uno di quei fogli sparsi, tra un appunto e l’altro, tra un rettangolo vuoto e l’altro, avevo trovato scritto:
Ossa e pelle
di gatto
la faccia bianca
sulla paglia
beviamo
al fallimento
della collera
Soffoco
il suono dell’urlo
spezzato
l’occhio di vetro
sembra vero
quando lo estraggo
dall’orbita
Potresti leccarlo,
per favore?
Poco sotto, una firma sufficientemente leggibile.
Devo ricordarmi di chiedere ad Arturo che fine ha fatto quella specie di trofeo. Sarà di sicuro in qualche cassapanca giù in cantina.
Una volta era finito per sbaglio nel cassonetto della plastica. Mi ero dovuto scusare in modo garbato e molto formale.