Sporadici cataclismi.
“Molti dei compagni di scuola di Gyuri erano morti, per cui il primo appello, quando ricominciò la scuola, fu alquanto tetro. Purtroppo nessuno degli insegnanti ci aveva lasciato la pelle, e questo era irritante. In particolare, Gyuri aveva nutrito l’ardente speranza che Vágvölgyi venisse centrato in pieno dall’artiglieria russa o da un bombardiere americano, invece se lo trovò davanti, pelato come una palla da biliardo, che gli sbarrava il passo nel corridoio senza un sorriso, chiaramente in attesa di ritirare la ricerca su Kossuth che era già in ritardo di una settimana quando i russi erano venuti a dare a Gyuri un po’ di respiro. Se a dirgli «Immagino che tu abbia approfittato di questo periodo per approfondire le tue letture, vero?» fosse stato qualcun altro si sarebbe trattato di uno scherzo, l’avrebbe detto per ridere, ma Vágvölgyi non scherzava. Mentre Gyuri si affannava a spiegare che per leggere un altro libro sull’esilio americano di Kossuth non era riuscito a finire la sua opera, Vágvölgyi scuoteva la testa con aria dispiaciuta. «Fischer, Fischer, è deplorevole. Non si può permettere a una piccola guerra di interferire con l’arricchimento culturale. Conosci la nostra storia. Da buon ungherese dovresti essere preparato a qualche sporadico cataclisma».”
[“Sotto il culo della rana“, Tibor Fischer, 1992, edizione italiana Mondadori Editore, 1997, pagina 43]