Stai tranquillo. Mattina, autobus, linea 5. Circa quarantenne, bionda ossigenata, sovrappeso ben oltre i limiti, canottiera e pantacollant a vita bassa neri, lei è appena salita dal lato uscita, ha gettato la borsa sul sedile e adesso parla a voce alta reggendo il telefono tra spalla e orecchio. – Eia… Tranquillo… Stai tranquillo… Sto arrivando……
Al primo banco
Al primo banco. Quando avevo sei, sette anni pensavo che essere loquace significasse essere un tipo tranquillo. Convinto di fare buona impressione, al maestro avevo detto: signor maestro, io sono molto loquace. Ah, bravo, mi aveva risposto lui, tu allora ti siedi al primo banco.
Tranquillamente
Tranquillamente. Mi sono ricordato di una cosa di cui mi sarei dovuto ricordare qualche tempo fa. Il fatto di essermene ricordato in ritardo mi ha fatto ricordare un’altra cosa che potevo tranquillamente dimenticare. La questione del ricordare e del dimenticare, tuttavia, non ha alcuna importanza. Ciò che importa è quell’avverbio: tranquillamente, che non sono affatto…
Più tardi
Più tardi. – Ciao, ti disturbo? – Tranquillo. Dimmi dimmi. – No, volevo raccontarti una cosa. – Dimmidimmidimmi. – Sicuro che non ti disturbo? – Tranquillo. Dimmi dimmi. – Ecco, mi è successa una cosa strana. – Dimmidimmidimmi. – Ma mi stai ascoltando? – Tranquillo. Dimmi dimmi. – Senti, non lo so, magari ti chiamo…