Trecentodieci parole.
Il metodo non è tutto ma è importante.
Intanto bisogna fare una selezione. La cernita è un elemento indispensabile, se non ci si vuole addentrare in rivoli sterili.
Questo no.
Questo sì.
Questo no.
Questo sì.
Questo sì.
Quest’altro no.
Questo sì.
Questo no.
Questo no.
Questo non lo so.
Gli appunti sono fatti così. Alcuni appunti vanno bene, sono proprio appunti che è stata una fortuna averli appuntati. Altri no, non vanno bene, sono appunti che non saprei, avrei dovuto far finta di niente, simulare uno smarrimento di appunti, e invece adesso ce li ho davanti, e non so che farmene, loro mi guardano e mi fanno sentire un po’ in imbarazzo, come se sapessero.
Per fare un esempio.
Appunto numero uno: la creatività è un foglio bianco.
Questo è un buon appunto, ché riporta a un altro appunto. Gli appunti che riportano ad altri appunti, sono sempre buoni appunti. Quindi, non resta che prenderli e sistemarli insieme al gruppo di appunti già appuntato.
Appunto numero due: il tempo e il vuoto.
Questo, secondo me, è un appunto inutile, non serve a nulla, non so neppure com’è che sia finito in mezzo agli appunti.
Appunto numero tre: mettersi alla prova, scrivere qualcosa circa gli appunti da appuntare e scriverlo utilizzando un numero massimo di trecentodieci parole.
Questo è un appunto che leggo e rileggo per capire se sono stato proprio io a scrivere questa cosa.
Leggo e rileggo e mentre leggo e rileggo l’appunto che ho appuntato chissà quando e chissà perché, mi metto a scrivere qualcosa circa gli appunti da appuntare.
Poi, una volta finito di scrivere, leggo e rileggo la cosa che ho appena scritto. E mi metto a contare le parole. E scopro che il numero di parole usate per scrivere qualcosa circa gli appunti da appuntare sono esattamente trecentodieci.
Tutto ciò mi lascia ulteriormente perplesso.